Profilo biografico

Profilo biografico

1923. Feltre. Alunno del Seminario minore
1923. Feltre. Alunno del Seminario minore

Albino Luciani, divenuto Giovanni Paolo I con l’elezione alla Sede Apostolica il 26 agosto 1978, nacque il 17 ottobre 1912 a Forno di Canale, oggi Canale d’Agordo (Belluno). Primogenito di quattro figli di Giovanni Luciani e Bortola Tancon, fu battezzato il giorno stesso della nascita. Appresi dalla madre i primi insegnamenti della dottrina cristiana, il 26 settembre 1919 ricevette la cresima dal vescovo Giosuè Cattarossi, nella Pieve di San Giovanni Battista. Sulla prima formazione religiosa e culturale di Luciani incise poi profondamente il parroco don Filippo Carli, che nell’estate 1923 lo aiutò a conseguire privatamente (aveva appena finito la quarta elementare) la preparazione necessaria per entrare nel Seminario Minore di Feltre. La scelta della vocazione, maturata precocemente sotto l’egida dell’opera del suo maestro don Carli, s’inquadra in una significativa vitalità culturale ed ecclesiale. L’antica Pieve di Canale d’Agordo, nella Valle del Biois, che vanta una ricca biblioteca e che fino alla prima guerra mondiale si trovava nella condizione tipica delle zone di frontiera, aperta ad arricchenti scambi culturali, è stata nei secoli punto di riferimento per la popolazione. Fin dalla fine dell’Ottocento, proprio il contributo attento, illuminato e creativo dei sacerdoti incoraggiò un’alfabetizzazione inusuale per l’Italia di quegli anni e forme di cooperativismo che vantano la primogenitura in ambito nazionale, come indica la figura di don Antonio Della Lucia, pioniere del cooperativismo sociale a Canale d’Agordo. Nonostante, dunque, le difficoltà dei tempi, i paesi della valle conobbero una significativa vitalità culturale ed ecclesiale e a promuoverla e sostenerla furono soprattutto i parroci. Va certamente rilevato che al Concilio Ecumenico Vaticano II – caso forse unico al mondo – questa piccola parrocchia montana contava tra i Padri ben tre dei suoi figli.

Albino Luciani il 17 ottobre 1923 iniziò a frequentare il Seminario minore a Feltre. Cinque anni dopo, nel 1928, fece il suo ingresso al Seminario Gregoriano di Belluno per gli studi filosofici e teologici. Concluso l’iter della formazione teologica, durante il quale si era distinto per le doti morali, le capacità intellettive e l’alto profitto negli studi, il 10 febbraio 1935 ricevette il diaconato. Non avendo ancora compiuto l’età canonica per il sacerdozio, con dispensa super defectum aetatis il 7 luglio dello stesso anno fu ordinato sacerdote dal vescovo Cattarossi nella chiesa di San Pietro apostolo a Belluno. L’indomani della celebrazione della prima messa nel paese natale, l'8 luglio 1935, venne nominato vicario-cooperatore di Canale d’Agordo, poi coadiutore di monsignor Luigi Cappello ad Agordo. Il periodo di servizio in parrocchia, tuttavia, si concluse presto.

Nell’ottobre del 1937, appena venticinquenne, fu chiamato a Belluno a ricoprire l’incarico di vice rettore del Seminario Gregoriano e contemporaneamente di docente delle classi di liceo e teologia. In liceo insegnò, dal 1937 al 1945, religione, storia, filosofia e storia dell’arte; in teologia fu professore di teologia dogmatica e di diritto canonico fino al 1958, alla fine della sua permanenza nella diocesi di Belluno, aggiungendo secondo le occorrenze, patristica, liturgia, arte sacra, eloquenza, catechetica, pastorale e amministrazione. All’intensa attività didattica ed educativa unì anche quella di pubblicista, scrivendo con assiduità articoli per il settimanale diocesano «L’Amico del Popolo», affrontando anche i grandi problemi posti dalle vicende politiche italiane. Come animatore culturale si profuse per la formazione di diversi gruppi giovanili, in particolare promuovendo l’interesse critico dei mass media e curando il cineforum nella sua città.

Nel 1941, ottenuta dalla Santa Sede la dispensa dalla frequenza, si iscrisse alla Pontificia Università Gregoriana. Nel luglio del 1942 vi conseguì la licenza in teologia “magna cum laude” con una tesi sulle Ordalie. Nel 1947, presso la medesima Università, conseguì il dottorato in teologia, con una dissertazione su L’origine dell’anima umana secondo Antonio Rosmini. Vicerettore e professore in seminario, studioso, predicatore, giornalista e animatore culturale sono le sue prerogative fino al 1947. Ma non solamente gli studi, l’impegno didattico e le responsabilità pedagogico-educative caratterizzarono gli anni bellunesi del futuro Giovanni Paolo I. Al cumulo di queste mansioni si affiancarono gli incarichi di carattere pastorale e di governo.

Nel novembre 1947 il nuovo vescovo di Belluno e Feltre Girolamo Bortignon lo nominò pro-cancelliere vescovile e lo designò segretario del Sinodo diocesano che fu celebrato dal 28 al 30 ottobre 1947, affidandogli la responsabilità dell’organizzazione. Un anno dopo gli fece giungere la nomina di pro-vicario e la carica di assistente diocesano della gioventù femminile di Azione Cattolica, a cui aggiunse quella di direttore dell’Ufficio catechistico a motivo del quale nel 1949 Luciani diede alle stampe Catechetica in briciole, per la formazione dei catechisti. Il testo, che ebbe sei edizioni tra il 1949 e il 1965 più alcune ristampe postume, esprimeva la cura particolare per la catechesi, che rivestì sempre un posto centrale nell’azione di governo pastorale a Vittorio Veneto, a Venezia e a cui dedicò un ampio intervento in vista del sinodo dei vescovi del 1977. Nel 1951 su incarico di Bortignon, ormai vescovo di Padova, collaborò all'organizzazione del terzo concilio provinciale veneto. Il successore a Belluno del vescovo Bortignon, monsignor Gioacchino Muccin, confermò a Luciani tutti gli incarichi e l’8 febbraio 1954 lo promosse vicario generale della diocesi, nominandolo infine, nel 1956, canonico della cattedrale. I vescovi Bortignon e Muccin, che lo avevano scelto come stretto collaboratore nel governo della diocesi, lo sostennero nel suo cammino verso l’episcopato.

 

Vescovo di Vittorio Veneto
Vescovo di Vittorio Veneto

Il 15 dicembre 1958, nel primo concistoro indetto da Giovanni XXIII, venne preconizzato vescovo di Vittorio Veneto. Il successivo 27 dicembre ricevette la consacrazione episcopale nella basilica di San Pietro e l’11 gennaio 1959 fece il suo ingresso nella diocesi veneta. Il periodo vittoriese (1959-1969) costituirà una tappa decisiva nell’iter di Albino Luciani.

Il motto episcopale Humilitas,  tratto da quello di San Carlo Borromeo e che egli volle impresso sullo stemma insieme alle tre stelle – simbolo della fede, della speranza e della carità – intendeva indicare l’orientamento nell’esercizio del suo ministero episcopale. La sua missione si svolse con pari intensità sul piano spirituale, caritativo e culturale. Incline al dialogo e all’ascolto, diede da subito priorità alle visite pastorali e al contatto diretto con i fedeli, mostrando sensibilità verso i problemi sociali. Nel suo servizio episcopale prendendo a modello san Francesco di Sales, sollecitò con impegno la partecipazione attiva dei laici alla vita della Chiesa. Ebbe attenzione per la vita del clero, favorendo la collaborazione tra i sacerdoti, dedicandosi alla cura delle vocazioni e alla formazione dei giovani.

Nel corso del suo episcopato il vescovo Luciani partecipò a tutte le quattro sessioni del Concilio vaticano II (1962-1965). Seppure non prese mai la parola durante i lavori in aula depositò un intervento scritto a favore della collegialità episcopale e presentò ai vescovi italiani, fuori dell'aula conciliare, il capitolo VIII della Lumen Gentium (sulla figura di Maria nella Chiesa), esprimendo un parere positivo. Negli anni seguenti si adoperò per un’applicazione del Concilio sottolineando che esso avrebbe dovuto favorire un cambiamento delle strutture nella Chiesa, ma soprattutto una riforma nell’atteggiamento interiore dei cattolici. Del Concilio trasmise costantemente gli insegnamenti e gli orientamenti nella sua diocesi attraverso la parola e gli scritti. L’esperienza conciliare ebbe sulla pastorale anche un altro effetto non secondario: gli incontri con i vescovi dei Paesi in via di sviluppo stimolarono il suo interesse per la collaborazione fra le Chiese. La diocesi fu coinvolta e il vescovo inviò missionari in Brasile e in Burundi dove, nel 1966, si recò in visita pastorale. La Conferenza Episcopale Triveneta lo vide, nel frattempo, sempre più impegnato nel delicato compito affidatogli: la stesura delle parti di pertinenza teologica dei documenti, e la preparazione dei documenti collegiali. Nel 1967 fu incaricato dal patriarca di Venezia cardinal Urbani di preparare, a nome dell'episcopato veneto e lombardo, una relazione destinata a Paolo VI sul problema della regolazione delle nascite.

 

16 settembre 1972. Venezia. Paolo VI pone la Sua stola sulle spalle del Patriarca Luciani
16 settembre 1972. Venezia. Paolo VI pone la Sua stola sulle spalle del Patriarca Luciani

Il 15 dicembre 1969 segnò un nuovo periodo nella vita del vescovo Luciani. Paolo VI annunciò la sua nomina alla sede patriarcale di Venezia e l’8 febbraio 1970 egli fece il suo ingresso nella nuova diocesi. In quegli anni si moltiplicarono le manifestazioni di considerazione e stima di Paolo VI nei suoi confronti: nel 1971 papa Montini lo nominò membro del Sinodo dei vescovi, convocato per discutere i temi del sacerdozio ministeriale e della giustizia nel mondo. Con un breve intervento al sinodo suggerì che si formasse nei cattolici «una mentalità e un'ascesi solidaristica imbevuta dello spirito della Populorum progressio» e che le diocesi più agiate procedessero a un'autotassazione «non come elemosina, ma come un qualcosa che è dovuto […] per compensare le ingiustizie che il nostro mondo consumistico sta commettendo verso il mondo in via di sviluppo e per riparare in qualche modo il peccato sociale, di cui dobbiamo prender coscienza» (cfr. Opera omnia, V, p. 281).

Il 16 settembre 1972, in visita a Venezia, Paolo VI gli pose sulle spalle la propria stola, quasi a precorrere l’elevazione al cardinalato, che avvenne il 5 marzo 1973. A Venezia Luciani raccolse la successione del patriarca Giovanni Urbani in anni di crescenti tensioni sociali ed ecclesiali. Nella sede patriarcale di Venezia restò fedele all’impostazione di lavoro e allo stile sobrio vissuti a Vittorio Veneto. Da Patriarca non fece mancare il suo appoggio agli operai di Marghera, spesso in agitazione. Di fronte alla grave crisi di rapporti tra imprenditori e sindacati verificatasi nell'area di Porto Marghera cercò più volte di mediare personalmente tra le controparti, per scongiurare o almeno procrastinare il ricorso ai licenziamenti; incontrò gli operai nelle fabbriche per svolgere la propria azione pastorale e per conoscerne più approfonditamente le problematiche; compì alcuni gesti di solidarietà personali. Volle che fosse data priorità alla pastorale del lavoro per sottolineare l'importanza che la civiltà industriale aveva assunto nella società, per sostenere come Chiesa l’autonoma ricerca dei lavoratori di soluzioni ai vari problemi.

In quegli anni compì diversi viaggi all’estero durante i quali incontrò le comunità di emigrati italiani: in Svizzera (giugno 1971 per incontrare gli emigrati a Mariastein), in Germania (maggio 1975 per partecipare alla “Giornata del lavoratore italiano all’estero” celebrata a Magonza) e in Brasile, a Santa Maria di Rio Grande do Sul (novembre 1975), dove gli fu conferita la laurea Honoris Causa.

Di rilievo è anche la sua produzione scritta, caratterizzata dalla consapevole scelta di una forma espositiva piana e colloquiale. Pubblicò con frequenza articoli su temi ecclesiali e di attualità sulle colonne de «Il Gazzettino», de «L’Osservatore Romano», del «Messaggero di Sant’Antonio». Promosse inoltre la creazione di un nuovo settimanale diocesano, «Gente Veneta», che nei limiti consentiti dalle disponibilità finanziarie del patriarcato volle ispirato a moderni criteri di realizzazione. Analogo interessamento mostrò nei confronti del cinema e dei progetti di creazione di un’emittente televisiva privata di ispirazione cattolica, che riteneva dovesse essere condotta con piena responsabilità gestionale dai laici. Nel 1976 diede alle stampe un’opera letteraria, Illustrissimi, originale silloge di quaranta epistole fittizie indirizzate ai grandi del passato su temi di attualità, l’unica delle sue pubblicazioni che volle ridare alle stampe nel corso del suo pontificato.

Facendo parte di diritto del Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana nel giugno 1972 fu eletto dai vescovi vice-presidente, incarico che ricoprì fino al giugno 1975. Partecipò al Sinodo dei vescovi del 1974 convocato da papa Paolo VI per trattare il tema dell’evangelizzazione nel mondo moderno e fu ancora eletto tra i rappresentanti dell’episcopato italiano per il quarto Sinodo del 1977, dedicato ai problemi della catechesi, che offrì occasione per un nuovo ampio intervento su uno dei temi più frequentati da Luciani.

Negli anni difficili della contestazione e delle derive postconciliari il vescovo di origini bellunesi sentì l’urgenza di intervenire fermamente per correggere errori dottrinali diffusi da taluni teologi e professori di seminario. Prese posizione in modo chiaro su vari aspetti della vita diocesana: dall’impostazione del lavoro del consiglio presbiterale alla pratica liturgica, dalla formazione dei chierici all’impiego dei neosacerdoti nella pastorale del lavoro. Nel 1974 intervenne con decisione per la posizione assunta dall’Azione Cattolica diocesana nei confronti del referendum sul divorzio, mostrando ancora una volta la sua guida ferma nell’aderenza alla comunione episcopale e nella fedeltà al Papa. I suoi interventi sul piano nazionale lo qualificavano per un senso di responsabilità coraggiosa, nel solco della tradizione della Chiesa. Si distinse per il senso di responsabilità e di prudenza all’interno della Chiesa locale e per il sensus Ecclesiae mostrato in seno alla Chiesa universale, che non sfuggirono ai suoi futuri elettori.

 

27 agosto 1978. Loggia della Basilica Vaticana. Primo Angelus
27 agosto 1978. Loggia della Basilica Vaticana. Primo Angelus

L’indomani della morte di Paolo VI, il 6 agosto 1978, il Patriarca lasciò Venezia. Il 25 agosto entrò in Conclave. Quello radunato per eleggere il successore di Paolo VI era il primo Conclave dopo la conclusione del Concilio Vaticano II; il primo da cui vennero esclusi i cardinali ultraottantenni; il primo nel quale si applicò la nuova normativa promulgata da Paolo VI nel 1975, che con la sede vacante azzerava il governo curiale, lasciando al successore la piena libertà nella scelta dei collaboratori; il primo che si svolse in un’accentuata esposizione mediatica dei conclavisti.

Con un consenso «quasi plebiscitario», «che aveva il sapore dell’acclamazione», «un regale tre terzi» – secondo l’espressione attribuita al cardinale belga Léon-Joseph Suenens –, dopo un Conclave rapidissimo, durato soltanto ventisei ore, il 26 agosto 1978 Albino Luciani saliva al soglio di Pietro. La sua elezione voleva significare la volontà di progredire nell’attuazione degli orientamenti conciliari e i cardinali avevano mirato pertanto alla virtù dirimente della pastoralità. Non ci fu bisogno di particolari valutazioni o compromessi sul suo nome. Per la prima volta nella bimillenatria storia della Chiesa il neo eletto scelse di prendere il doppio nome: Giovanni Paolo I in ossequio ai due pontefici che lo avevano preceduto. Con la scelta del binomio “Giovanni Paolo”, aveva voluto erigere l’arco di congiunzione di coloro che erano stati le colonne portanti del Concilio. Il 27 agosto rivolse il primo radiomessaggio Urbi et Orbi e recitò il primo Angelus in piazza San Pietro rivolgendosi ai fedeli senza usare il plurale maiestatis. Dichiarando di vuole seguire il modello di san Gregorio Magno, sia nel suo ufficio di maestro che in quello di guida e pastore, la rotta del pontificato si delineava con chiarezza nei sei programmatici “vogliamo” del discorso Urbi et Orbi e nei suoi primi interventi, nei quali a più riprese dichiarava in ogni modo di continuare l’attuazione del Concilio vaticano II.

Nel corso del pur breve pontificato si sono dunque manifestate le priorità in cantiere di un pontefice che ha fatto progredire la Chiesa lungo le strade maestre indicate dal Concilio: la risalita alle sorgenti del Vangelo e una rinnovata missionarietà, la collegialità episcopale, il servizio nella povertà ecclesiale, il dialogo con la contemporaneità, la ricerca dell’unità con le Chiese cristiane, il dialogo interreligioso, la ricerca della pace. Ognuna di queste priorità ha scandito i gesti e le parole dei trentaquattro giorni di pontificato, come frutto di un lavoro da tempo cominciato e attraverso un magistero piantato nella radicale scelta teologica di un linguaggio semplice, conversevole e accessibile, di quel sermo humilis canonizzato da sant’Agostino, che è comprensivo del mondo e degli uomini ed è con essi dialogante e comprensibile, affinché il messaggio della salvezza possa giungere a tutti, come dimostrano le quattro udienze generali riproponendo l’attualità e la bellezza della vita cristiana fondata sulle virtù teologali della fede, della speranza e della carità. Il 6 settembre, alle udienze sulle tre virtù teologali, fece precedere l’udienza sulla virtù dell’umiltà. Il 27 settembre termina con l’udienza sulla carità.

Nella tarda sera del 28 settembre dopo appena trentaquattro giorni di pontificato, mentre attendeva al lavoro nel proprio appartamento, Giovanni Paolo I morì improvvisamente a causa di un infarto acuto del miocardio. Il 4 ottobre, nella memoria liturgica di Francesco d’Assisi, Giovanni Paolo I venne tumulato nelle Grotte Vaticane.

 

[a cura di Stefania Falasca]
              

 

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1936. Agordo. Giovane sacerdote
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15 dicembre 1958. Nomina di Albino Luciani a vescovo di Vittorio Veneto.
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27 dicembre 1958. Basilica Vaticana. Ordinato Vescovo da Papa Giovanni XXIII
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16 settembre 1972. Venezia. Con Papa Paolo VI in Piazza San Marco
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5 marzo 1973. Vaticano. Creato Cardinale da Papa Paolo VI
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Preghiera. Copia in Archivio privato Albino Luciani
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26 agosto 1978. Papa Giovanni Paolo I
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6 settembre 1978. Aula Nervi. Prima Udienza generale